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Lassativi: Impiego razionale dei lassativi nella stipsi
Francesco Capasso Giuseppe D’Argenio
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Palabras clave – provistas por la editorial
Internal Medicine; Pharmacy
Disponibilidad
Institución detectada | Año de publicación | Navegá | Descargá | Solicitá |
---|---|---|---|---|
No detectada | 2007 | SpringerLink |
Información
Tipo de recurso:
libros
ISBN impreso
978-88-470-0510-5
ISBN electrónico
978-88-470-0511-2
Editor responsable
Springer Nature
País de edición
Reino Unido
Fecha de publicación
2007
Información sobre derechos de publicación
© Springer-Verlag Italia 2007
Cobertura temática
Tabla de contenidos
Come classificare i lassativi
Francesco Capasso; Giuseppe D’Argenio
Milioni di persone nel mondo soffrono di evacuazione difficile o dolorosa, comunemente nota come stipsi o costipazione. A questi devono essere aggiunti tutti coloro, e sono tanti, che soffrono di stipsi ma lo ignorano, per ragioni diverse, ivi compreso il fatto di non aver chiaro il concetto di stipsi. Anche se l’attività intestinale varia molto tra gli individui sani, in genere la stipsi è un disturbo che può essere dovuto a problemi fisici oppure può essere secondaria a malattie, all’assunzione di determinati farmaci o allo stress quotidiano; inoltre, un carente apporto di fibre con la dieta, la mancanza di esercizio fisico e l’insufficiente ingestione di liquidi possono contribuire all’insorgenza della stipsi.
Pp. 1-8
La costipazione: le basi per un uso razionale dei lassativi
Francesco Capasso; Giuseppe D’Argenio
Abbiamo appena detto che non è facile definire la stipsi in quanto ognuno tende ad avere il proprio concetto di costipazione basato sull’esperienza personale. L’alvo varia molto tra individuo ed individuo, così la “costipazione” per una persona, può essere una condizione normale per un’altra. Alcuni pazienti lamentano pesantezza o sensazione di pienezza nell’addome e credono di essere costipati, anche se l’evacuazione è avvenuta in giornata o il giorno precedente. Altre persone, nonostante abbiano un alvo regolare, si dichiarano stitiche se le feci sono poche o la defecazione richiede sforzo. Thompson (1979) studiò la frequenza media di evacuazione nella popolazione (impiegati delle poste, infermiere, operai nelle fabbriche londinesi, contadini) e vide che circa il 70% di essi avevano una evacuazione giornaliera; di questi però il 7% si considerava stitico nonostante solo pochi lamentassero feci dure o irregolari. Il 20% dei pazienti studiati faceva un uso regolare di lassativi; ciò accade in quanto persiste una vecchia convinzione, specialmente negli anziani, che una defecazione quotidiana sia sintomo di salute. Questo ha contribuito a creare confusione diffondendo, in molti soggetti, l’idea errata di ricorrere ad un lassativo se non si ha una evacuazione quotidiana.
Pp. 9-18
Il ruolo del trasporto di ioni nell’azione dei lassativi
Francesco Capasso; Giuseppe D’Argenio
La principale funzione del tratto intestinale è quella di assorbire acqua, elettroliti e nutrienti dal bolo alimentare. La quantità di liquidi che arriva al colon nelle 24 ore è quasi 9 litri (Fig. 3.1). Circa 150 ml di questi liquidi si trovano nelle feci, mentre il 99% viene assorbito, principalmente nel duodeno e nel digiuno (61%), meno nell’ileo (23%), e solo il 15% nel colon (Binder 1989). Soltanto un piccolo volume (2 litri) di liquidi è ingerito durante il giorno, mentre la maggior parte (7 litri) viene secreto dal tratto gastrointestinale: saliva 1,5 litri, succhi gastrici 2,5 litri, bile 0,5 litri, succhi pancreatici 1,5 litri e succo intestinale 1,0 litro. L’acqua lubrifica lo stomaco e l’intestino e facilita il movimento del chimo attraverso il tratto gastrointestinale; inoltre, il liquido aiuta anche a rimuovere i residui del cibo lasciati nel passaggio (funzione di lavaggio), mantenendo così la flora batterica a livelli fisiologici. Infine, queste secrezioni facilitano il passaggio di sostanze (immunoglobuline) dalle cripte e dagli spazi intercellulari a siti più esposti nel lume intestinale (apice dei villi).
Pp. 19-27
Motilità intestinale ed azione dei lassativi
Francesco Capasso; Giuseppe D’Argenio
Le contrazioni coordinate della muscolatura liscia intestinale permettono un mescolamento del chimo con i fluidi intestinali e ne promuovono l’avanzamento lungo il tratto intestinale (in senso aborale). Le onde contrattili dell’intestino tenue (movimenti pendolari) causano la segmentazione ritmica che permette un rapido rimescolamento del contenuto luminale. Questi movimenti non propulsivi sono accompagnati da movimenti peristaltici (propulsivi), onde contrattili e rilassamento degli anelli interaustrali che spingono il materiale fecale semi fluido verso il colon. Una riduzione della motilità del colon permette il riassorbimento di acqua ed elettroliti fino a quando non si siano formate, nella parte distale del colon, le feci semisolide (100–250 g al giorno). Le contrazioni retrograde (movimenti retroperistaltici) causano l’arresto o il rallentamento del transito; al contrario, l’attività motoria post prandiale promuove il cammino del contenuto intestinale in direzione del retto (Weisbroadt 1987).
Pp. 29-32
I lassativi naturali di origine vegetale
Francesco Capasso; Giuseppe D’Argenio
Nel regno vegetale si trovano numerosi glicosidi (glucosidi, ramnosidi, ecc.) contenenti agliconi correlati strutturalmente all’antracene. Questi glicosidi danno origine, dopo idrolisi, a derivati antrachinonici o a composti che derivano dalla riduzione dell’antracene, antranoli ed antroni. Le specie vegetali contenenti glicosidi antrachinonici sono limitate alle famiglie delle e . Composti antrachinonici sono comunque presenti, anche se in tracce, in microrganismi (genere e ), felci, molluschi ed inoltre nelle cocciniglie, insetti che hanno fornito nel passato il colorante carminio. Comunque i principali antrachinoni si trovano in alcune specie di e ), di ( ( e ) e di ( e ). Il nome comune per le ultime due specie è senna indiana o senna africana: queste piante contengono sennosidi a struttura antrachinonica simili a quelli ritrovati nelle specie di e somiglianti a quelli ritrovati nella specie di e di . Gli antrachinoni sono di solito presenti in natura come glicosidi, ma possono trovarsi anche in forma libera (anche se in tracce). I glicosidi si comportano come pro-farmaci, liberando l’aglicone che è responsabile dell’effetto lassativo. Le Figure 5.1 e 5.2 mostrano le principali forme glicosidiche degli antrachinoni naturali ed il loro metabolismo nella forma attiva di aglicone.
Pp. 33-64
I lassativi naturali di origine minerale
Francesco Capasso; Giuseppe D’Argenio
L’azione dei lassativi salini consiste nella presenza di anioni e cationi che sono poco assorbiti dalla mucosa intestinale, la quale si comporta come una membrana semipermeabile. La presenza di questi ioni nell’intestino porta alla ritenzione di acqua al fine di mantenere l’equilibrio osmotico, con una stimolazione indiretta della peristalsi (Lium e Florey 1939). l’effetto lassativo è proporzionale al potenziale osmotico dei sali; ciò può spiegare la differenza nell’azione lassativa tra i diversi sali (Tabella 6.1). Alcuni sali abbassano poi il pH del colon e questo può contribuire all’effetto lassativo (Bennett e Eley 1976).
Pp. 65-67
I lassativi di sintesi
Francesco Capasso; Giuseppe D’Argenio
Noti anche come derivati del triarilmetano, è un gruppo di lassativi di sintesi che comprende bisacodile, picosolfato e fenolftaleina (quest’ultimo farmaco non è più disponibile in Italia). La fenolftaleina contiene gruppi difenolici liberi mentre il bisacodile è un estere di acido acetico ed il picosolfato (sodico) un semiestere di acido solfurico. Questi farmaci diminuiscono l’assorbimento di glucosio e di elettroliti nel tenue, provocano una secrezione attiva di ioni nel lume intestinale (Farak e coll. 1985; Ewe 1987; de Witte e coll. 1991) ed alterano la motilità intestinale (Leng-Perchlow 1986; Forth e coll. 1966). I meccanismi d’azione di questi farmaci sono ancora poco chiari per i dati contraddittori che si hanno in letteratura. Alcuni risultati indicano un aumento di prostaglandine e di nucleotidi ciclici (Beubler e Juan 1978; Rachmilewitz e coll. 1980; Autore e coll. 1984; Farak e Nell 1984; Capasso e coll. 1986) o cambiamenti nella permeabilità della mucosa (Saunders e coll. 1975, 1977; Meisel e coll. 1977). Altri mostrano una inibizione della Na, K — ATPasi (Donowiz e Welsh 1987). I loro effetti sulla motilità sono inconsistenti e poco caratterizzati (Gullikson e Bass 1984). Questi lassativi hanno una comparsa di effetto estremamente variabile da un individuo all’altro. Generalmente è opportuno assumerli la sera prima di coricarsi possedendo, comunque, una latenza di effetto superiore alle 6 ore. Per i motivi sopra citati non devono essere utilizzati per più di 10 giorni.
Pp. 69-79
L’abuso dei lassativi
Francesco Capasso; Giuseppe D’Argenio
Di ciascun lassativo sono già stati descritti in precedenza sia gli effetti collaterali che fenomeni tossici specifici. Non resta che occuparci ora, anche se brevemente, di disturbi causati dall’impiego prolungato di questi farmaci. Prima però va detto che i lassativi non presentano una tossicità maggiore di altri farmaci correntemente usati, se impiegati quando veramente necessari o quando sono fallite le misure sanitarie fondamentali (dieta, consumo di liquidi, attività fisica, ecc.). La tossicità dei lassativi dipende, nella maggior parte dei casi da un loro cattivo uso (dosi eccessive, anche se per brevi periodi) o abuso (assunzione prolungata e continua).
Pp. 81-90
Metodologie di studio dei lassativi
Francesco Capasso; Giuseppe D’Argenio
Lo studio dei lassativi avviene, in genere, mediante metodi sperimentali che prevedono l’utilizzo di animali da laboratorio. Gli esperimenti possono prevedere l’uso dell’intero animale (esperimenti ) ovvero possono essere condotti su sistemi isolati adeguatamente preparati (esperimenti ); questi ultimi risultano utili per chiarire alcuni aspetti dell’azione dei lassativi. Gli animali utilizzati sono generalmente ratti, topi, cavie e conigli. Il test più semplice consiste nell’osservare la percentuale di animali stabulati in gabbie individuali che espellono feci liquide o semiliquide, alcune ore dopo il trattamento con il lassativo da esaminare. Si esegue, poi, una valutazione statistica degli episodi diarroici del gruppo dei trattati rispetto al gruppo di controllo (gli animali che ricevono il solo veicolo) riportando graficamente il risultato (Fig. 9.1). Siccome la valutazione della consistenza delle feci (ad es. la distinzione tra feci molli, semi solide e solide) è soggettiva, è preferibile che l’operatore che effettua l’ispezione delle feci sia diverso da quello che esegue la somministrazione dei lassativi in esame.
Pp. 91-94
Conclusioni
Francesco Capasso; Giuseppe D’Argenio
Il desiderio di un alvo regolare resta una delle principali ragioni dell’uso dei lassativi. Abitudini, quali il consumo di cibo con un basso contenuto di fibre, unito alla mancanza di esercizio fisico, possono contribuire all’uso dei lassativi. I lassativi sono frequentemente utilizzati dai pazienti cardiopatici scompensati, per i quali qualsiasi tipo di sforzo può risultare nocivo; dai pazienti sottoposti ad interventi chirurgici all’addome, per evitare una esagerata azione dei muscoli del torchio addominale; dai pazienti con problemi di emorroidi e dai pazienti anziani obbligati a letto per periodi di tempo prolungati; dai pazienti ospedalizzati, per i quali il cambiamento di ambiente e dieta e la ridotta attività fisica provocano una rarefazione della defecazione. In tutti questi casi i lassativi rappresentano i farmaci maggiormente prescritti per terapie a breve e a lungo termine in quanto ammorbidiscono le feci e minimizzano lo sforzo legato all’evacuazione. l’uso dei lassativi è inoltre valido in caso di costipazione acuta, in alcuni casi di costipazione cronica (per abituare il paziente a regolarizzare l’intestino) e nel caso di costipazione causata da atonia della muscolatura intestinale. In quest’ultima evenienza, ma anche nei casi di costipazione acuta, la preferenza è data ai lassativi antrachinonici (cascara e senna) in quanto sono ben tollerati ed hanno un’azione blanda; inoltre non incrementano il rischio di cancro colorettale.
Pp. 95-96